1 marzo 2018 – Convalida dei brevetti europei in Cambogia (KH) a partire dal 1° marzo 2018

1 marzo 2018 – Convalida dei brevetti europei in Cambogia (KH) a partire dal 1° marzo 2018

Il Presidente dell’EPO ed il Ministro dell’Industria e dell’Artigianato cambogiano hanno firmato un accordo sulla convalida dei brevetti europei in Cambogia.
L’accordo di convalida è entrato in vigore il 1° marzo 2018. A partire da tale data è possibile convalidare domande di brevetto e brevetti europei in Cambogia, dove, dopo la convalida, conferiranno essenzialmente la stessa protezione dei brevetti concessi dall’EPO per gli attuali 38 stati membri dell’Organizzazione Europea dei Brevetti.

Tuttavia, in base alla legge brevettuale attualmente in vigore in Cambogia, i prodotti farmaceutici sono esclusi dalla protezione brevettuale. Infatti, la Cambogia beneficia attualmente della deroga del WTO che consente ai Paesi Meno Sviluppati di evitare di concedere ed azionare i diritti di proprietà intellettuale su prodotti farmaceutici fino al 1° gennaio 2033. Tale deroga si applicherà anche ai brevetti europei che forniscono protezione a prodotti farmaceutici per i quali è richiesta la convalida in Cambogia.
In questo caso, i richiedenti possono soltanto beneficiare dell’articolo 70.8 dei TRIPS di un cosiddetto “sistema di casella postale” (“mailbox system”) per domande di brevetto nazionali per prodotti farmaceutici. Secondo questo “sistema di casella postale”, la legislazione cambogiana autorizza la presentazione di domande di brevetto nazionali per prodotti farmaceutici, nonostante siano escluse dalla protezione brevettuale. Queste domande nazionali non saranno esaminate in merito alla loro brevettabilità fino alla fine del periodo della deroga del WTO. Dopo tale periodo, la protezione può essere concessa per il resto della durata del brevetto, calcolata dalla data di deposito della domanda.

La convalida in Cambogia viene considerata richiesta per qualsiasi domanda europea o internazionale depositata a partire dal 1° marzo 2018. Non è disponibile per le domande presentate prima di tale data o per i brevetti europei risultanti da tali domande.
La tassa di convalida è di 180 EUR. Deve essere pagata all’EPO entro sei mesi dalla data in cui il Bollettino dei Brevetti Europei menziona la pubblicazione del rapporto di ricerca europeo o, ove applicabile, entro il termine per adempiere agli atti richiesti per l’ingresso di una domanda internazionale nella fase regionale Europea.
Dopo la scadenza del termine, la tassa di convalida può ancora essere validamente pagata entro un periodo di grazia di due mesi, a condizione che entro tale periodo sia anche pagata una sovrattassa del 50%. Se la tassa di designazione non è stata pagata ed è disponibile la continuazione della procedura (further processing), la tassa di convalida può ancora essere pagata unitamente alla tassa di continuazione della procedura relativa alla tassa di designazione. Se la tassa di convalida non viene pagata, la richiesta di convalida è considerata ritirata.
Una tassa di convalida che è stata validamente pagata non viene mai rimborsata, incluso il caso in cui è stata pagata una tassa di convalida per una domanda che rientra nell’ambito di applicazione della deroga per i prodotti farmaceutici.

Vedi Comunicazione dell’EPO

5 settembre 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 1201/14 – Cessione del diritto di priorità: questioni critiche, commenti e suggerimenti sulla procedura più sicura

5 settembre 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 1201/14 - Cessione del diritto di priorità: questioni critiche, commenti e suggerimenti sulla procedura più sicura

Il diritto di priorità viene creato in un paese in cui viene presentata una prima domanda e può essere potenzialmente sfruttato in uno o più altri paesi, depositando eventuali successive domande rivendicanti la priorità della prima domanda.
Quando si deve trasferire il diritto di priorità, emergono numerosi problemi critici: quando, come e secondo quale legge.

Nel recente caso T 1201/14, la commissione di appello interessata ha emesso una decisione interessante che illustra l’approccio attuale utilizzato dall’EPO.
Il brevetto europeo oggetto di opposizione è stato concesso per la domanda di brevetto europeo D2 che è stata depositata dopo la data di pubblicazione del documento A4 distruttivo della sua novità (i.e. agosto 2006).
La domanda P, di cui la domanda di brevetto europeo D2 rivendicava la priorità, è stata depositata il 28 luglio 2006, prima della data di pubblicazione del documento A4. La domanda P è stata depositata dall’inventore. Un primo trasferimento del diritto di priorità dall’inventore alla Società 1 è stato validamente eseguito. L’appellante-Società 2 era in grado di beneficiare del diritto di priorità della domanda P se fosse stata l’avente causa della Società 1 per la domanda P alla data di deposito della domanda di brevetto europeo D2.
Dunque, la validità formale della rivendicazione di priorità del brevetto oggetto di opposizione si basava sulla questione se il secondo trasferimento del diritto di priorità derivante dalla domanda P dalla allora richiedente Società 1 all’appellante-Società 2 fosse stato validamente eseguito. Ovvero, se l’appellante-Società 2 avesse validamente beneficiato del diritto di priorità nascente dalla domanda P ai sensi dell’EPC.
La commissione ha affermato che l’EPC contiene disposizioni (i.e. gli articoli 87-89 in combinato disposto con le regole 52-54) che formano un codice di regole completo ed autonomo in materia di rivendicazione di priorità ai fini del deposito di una domanda di brevetto europeo. Il diritto di priorità è definito in termini quasi identici nell’art. 4, parte A, n. 1, della Convenzione di Parigi.

Secondo la commissione, affinché un trasferimento del diritto di priorità da “qualsiasi persona” ad un “avente causa” ai sensi dell’EPC possa essere considerato valido, il trasferimento deve essere stato concluso prima della data di deposito della successiva domanda europea che rivendica tale priorità. Ciò perché il termine “avente causa” in tale disposizione si riferisce alla persona che ha già depositato (“ha regolarmente depositato”) la prima domanda ma non ancora la successiva domanda di brevetto europeo (“per effettuare il deposito”). La commissione ha ritenuto che ciò ad sua volta implica direttamente che la successione nei diritti deve aver già avuto luogo quando viene depositata la successiva domanda di brevetto europeo.
Inoltre, la commissione ha affermato che il “diritto di priorità” derivante da una data prima domanda è di per sé un diritto di proprietà sostanziale, che deve essere distinto dal diritto di proprietà della prima domanda. Come tale, il diritto di rivendicare la priorità di una prima domanda può essere trasferito indipendentemente dal diritto della prima domanda fino al deposito della successiva domanda europea che rivendica la priorità di essa.
Dunque, i requisiti sostanziali derivabili dall’EPC per un valido trasferimento del diritto di priorità possono essere sintetizzati come segue:
L’avente causa rispetto al diritto di rivendicare la priorità di una prima domanda deve provare di possedere effettivamente,
(i) prima della presentazione della successiva domanda europea,
ii) il diritto di priorità relativo alla prima domanda ai fini del deposito della successiva domanda europea che rivendica tale priorità.

La commissione ha inoltre affermato che, in generale, un accordo sul trasferimento del diritto di priorità è concluso per mezzo di un contratto tra il cedente (il proprietario originale del diritto di priorità) ed il cessionario (l’avente causa del proprietario). Ciò richiede due corrispondenti dichiarazioni delle parti contraenti, espresse od implicite, riguardo all’oggetto del trasferimento. Quindi, può essere accettato un trasferimento implicito di un determinato diritto quando è sufficientemente chiaro che le parti hanno formato un accordo e ciò che hanno convenuto.
Poiché l’EPC non contiene alcuna guida per quanto riguarda i requisiti formali per un valido trasferimento della proprietà del diritto di priorità o disposizioni di conflitto di legge a tale scopo, i dipartimenti dell’EPO incaricati della procedura si affidano comunemente al diritto nazionale. In linea di principio, le seguenti leggi nazionali sono considerate in questo contesto:
(a) la legge del paese in cui è stata depositata la prima domanda (“lex originis”);
(b) la legge del paese in cui è stata depositata la domanda successiva (“lex loci protectionis”);
(c) la legislazione del paese che è concordata nel relativo contratto (“lex loci contractus”);
(d) la legge del paese in cui almeno una delle parti del trasferimento ha la propria residenza (“lex domicilii”).
La commissione era consapevole che finora non esiste una giurisprudenza consolidata delle commissioni di appello per quanto riguarda la legge nazionale applicabile in generale alla questione del trasferimento del diritto di priorità. I requisiti formali delle diverse leggi nazionali per il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale variano da nessuna formalità (come ad esempio nel diritto tedesco) a regole formali rigorose (come ad esempio nel diritto USA).
In conclusione, quando i richiedenti della prima domanda e della successiva domanda europea non sono identici, occorre dimostrare che il diritto di priorità derivante dalla prima domanda e rivendicato per la successiva domanda europea è stato effettivamente trasferito, prima della data di deposito della successiva domanda europea, da parte del richiedente della prima domanda al suo avente causa, conformemente a specifici requisiti formali.

L’appellante-Società 2 ha presentato una serie di linee argomentative.
In primo luogo, l’appellante-Società 2 si è basata sulla lex originis, i.e. la legge USA, ed ha presentato il documento E5 come prova che il trasferimento del diritto di priorità derivante dalla domanda provvisoria USA P era stato concluso dopo il deposito del 27 luglio 2007 della domanda di brevetto europeo D2, ma che le parti avevano definito la data effettiva del trasferimento come il 24 luglio 2007 mediante una cosiddetta cessione nunc pro tunc (i.e. un contratto relativo al trasferimento di un diritto, il quale contratto è concluso più tardi rispetto alla data effettiva contrattualmente stipulata del trasferimento).
Tuttavia, secondo il giudizio della commissione, anche se un trasferimento retroattivo come la cessione nunc pro tunc secondo la legge US invocata dall’appellante-Società 2 fosse ammissibile ai sensi della legge US, non sarebbe accettabile ai sensi delle disposizioni EPC, perché qualsiasi persona fisica o giuridica può soltanto essere considerata “avente causa” per il diritto di priorità ai sensi delle disposizioni EPC se ha ottenuto tale diritto dal precedente proprietario mediante un accordo di trasferimento concluso prima del deposito della successiva domanda di brevetto europeo, come confermato anche dalla giurisprudenza consolidata delle commissioni di appello e da varie sentenze di tribunali nazionali degli stati contraenti della EPC.
Dato che il diritto di priorità conferisce al proprietario un beneficio di tipo eccezionale, è di grande importanza per i terzi avere la certezza il prima possibile in modo da essere in grado di determinare la data di deposito effettiva della domanda di brevetto e la relativa arte nota, con il suo effetto cruciale per la brevettabilità. Consentire una cessione retroattiva del diritto di priorità metterebbe le singole parti nella posizione di cambiare, a piacere e per il passato, la data effettiva in cui sorge un diritto sostanziale. Questo, però, non sarebbe nell’interesse del pubblico.
Anche se la legge US in qualche modo consente un trasferimento retroattivo, la commissione ha sottolineato che ciò non significa necessariamente che lo stesso sia vero per le disposizioni EPC: una disposizione di diritto nazionale che è contraria all’EPC non può essere riconosciuta dall’EPO.

Inoltre, l’appellante-Società 2 ha presentato una seconda linea argomentativa basata su un trasferimento implicito in virtù di una policy generale ai sensi della legge tedesca.
L’appellante-Società 2 ha sostenuto che una policy generale era stata stabilita tra la Società 1 e la Società 2 ed era stata seguita da entrambe le parti. Eseguendo questa policy, il diritto di priorità per il brevetto in causa sarebbe stato trasferito all’appellante-Società 2. Come mezzi di prova l’appellante-Società 2 ha presentato una serie di afidavit (il cui contenuto è stato contestato dalla controparte) firmato dai presidenti delle Società 1 e 2, un consulente generale ed un ingegnere brevettuale della Società 1, quasi cinque anni dopo la data di deposito della domanda di brevetto europeo D2, nonché una serie di documenti relativi ad e-mail e comunicazioni inviate dai rappresentanti di Taiwan e USA della Società 1 ai dipendenti della stessa Società 1 e ad e-mail e comunicazioni inviate dal rappresentante taiwanese della Società 1 e dal rappresentante europeo dell’appellante-Società 2 ai dipendenti delle Società 1 e 2.
Per quanto riguarda le norme applicabili per valutare le prove presentate, la commissione ha concluso quanto segue: l’onere di dimostrare un valido trasferimento del diritto di priorità è nella disponibilità del titolare del brevetto (appellante-Società 2), in quanto è quello che rivendica tale diritto. Tale regola è tanto più applicabile tenendo conto del fatto che solo il titolare del brevetto (appellante-Società 2) ha accesso alle prove rilevanti quando dichiara la conclusine di una cessione dei diritti. Dato che l’appellante-Società 2 non ha presentato alcuna altra prova – in particolare nessuna prova documentaria contemporanea –, la commissione ha accettato i documenti firmati successivamente come mezzi di prova ammissibili. Quanto al livello di prova da applicare, la commissione ha ritenuto che le circostanze del caso richiedessero una prova “oltre ogni ragionevole dubbio” (piuttosto che una prova basata sull’ “equilibrio delle probabilità”). Ciò perché praticamente tutte le prove relative alla policy generale rientrano nella conoscenza e nel potere di una parte soltanto di questi procedimenti inter-partes, i.e. il titolare del brevetto (l’appellante-Società 2), mentre la controparte (resistente) non era in una posizione per presentare alcuna contro-prova.

Per quanto riguarda questa seconda linea argomentativa, l’appellante-Società 2 si è basata sulla lex loci protectionis, qui la legge della Germania come uno degli Stati contraenti dell’EPC. La commissione di appello ha accettato innanzitutto che la legge tedesca consente un trasferimento implicito del diritto di priorità e che quindi non è necessario alcun trasferimento per iscritto. Tuttavia, anche supponendo che la legge tedesca fosse la legge nazionale applicabile per quanto riguarda i requisiti formali per il trasferimento del diritto di priorità e che quindi nessun trasferimento per iscritto fosse necessario, la commissione ha tuttavia ritenuto che l’appellante-Società 2 non abbia dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, di essere l’avente causa ai sensi dell’EPC.
Infatti, il commissione non è stata convinta che la policy generale riguardasse il trasferimento del diritto di priorità per le domande, come la domanda P, che erano già pendenti alla data di entrata in vigore della policy generale.
Ancora, la commissione non è stata convinta che la policy di deposito fosse sempre stata rispettata, dal momento che era evidente alla commissione che fosse necessariamente seguita per qualsiasi caso dai dipendenti di entrambe le Società 1 e 2.
Inoltre, la commissione ha ritenuto che non fosse chiaro se il trasferimento dalla Società 1 all’appellante-Società 2 del diritto di richiedere un brevetto basato su tali domande includesse effettivamente il trasferimento del diritto di rivendicare la priorità delle stesse. Dato che il diritto di richiedere un brevetto basato su una domanda ed il diritto di rivendicare la priorità di tale domanda sono diritti indipendenti e quindi separabili, il mero trasferimento di una domanda pendente da una parte ad un’altra non significa necessariamente che anche l’associato diritto di priorità sia trasferito tra tali parti.
In particolare, la commissione ha rilevato che il mero fatto che i consulenti brevettuali ricevano istruzioni da società per depositare domande di brevetto non dimostra automaticamente che il diritto di rivendicare la priorità da una prima domanda sia già stato validamente trasferito tra le parti prima della data di deposito della domanda successiva. Analogamente, la semplice spunta della casella nel modulo di deposito dell’EPO ai fini di una dichiarazione di priorità rispetto alla domanda P contemporaneamente (o prima) del deposito della domanda D2 non costituisce di per sé la prova di un valido trasferimento del diritto di priorità. Piuttosto, il deposito della dichiarazione di priorità in merito a una domanda di brevetto europeo è un requisito interamente formale con l’obiettivo di informare debitamente l’EPO ed il pubblico che una priorità è stata rivendicata al fine di sottoporre la domanda a ricerca ed esame. Tuttavia, ciò non può fornire alcuna garanzia sulla validità della priorità rivendicata.

Inoltre, l’appellante-Società 2 ha presentato una terza linea argomentativa basata su un “trasferimento diretta” dei diritti connessi ad una domanda USA non provvisoria D1 dall’inventore all’appellante-Società 2 il 27 luglio 2007 ai sensi della legge USA, provato da due dichiarazioni di trasferimento dell’inventore.
La commissione ha ritenuto che il mero fatto che tali diritti (“entire right, title, and interest”) relativi ad una domanda depositata in seguito ed indipendentemente, come la D1, che rivendicava la priorità dalla domanda P, siano stati “direttamente” trasferiti all’appellante-Società 2 non può stabilire che questo includesse necessariamente, per la domanda di brevetto europeo D2, il trasferimento del diritto di rivendicare la priorità dalla domanda P.
Infine, l’appellante-Società 2 ha presentato una quarta linea argomentativa basata su un trasferimento implicito in virtù di una policy generale sotto la legge taiwanese.
In particolare, l’appellante-Società 2 ha presentato questa quarta linea argomentativa, insieme ai relativi documenti, per la prima volta nella sua risposta alla lettera di replica della controparte, i.e. molto dopo il deposito della sua memoria che esponeva i motivi di appello.
La commissione ha richiamato che il regolamento di procedura delle commissioni di appello (Rules of Procedure of the Boards of Appeal) stabilisce che il potere discrezionale di una commissione nell’ammettere qualsiasi modifica del caso di una parte (compresi gli argomenti depositati tardivamente) “viene esercitato in considerazione, tra l’altro, della complessità della nuova materia presentata, dello stato attuale del procedimento e della necessità di un’economia procedurale”. La commissione ha sottolineato che, considerato nel suo complesso, il regolamento di procedura delle commissioni di appello precisa che il caso completo delle parti deve essere presentato all’inizio per garantire un procedimento equo per tutti i soggetti interessati e per consentire alla commissione di avviare il lavoro sul caso sulla base delle sottomissioni complete di entrambe le parti. Dunque, la commissione ha ritenuto che questa nuova linea argomentativa potesse e dovesse essere stata presentata con la memoria che esponeva i motivi di appello, dato che l’applicabilità della legge taiwanese era già stata discussa nella procedura di opposizione.

Quanto alla sostanza ed alla rilevanza prima facie di questa quarta linea argomentativa, l’appellante-Società 2 si è basata sul lex domicilii, i.e. la legge taiwanese in questo caso.
La commissione ha ritenuto che anche se la legge taiwanese fosse accettata come legge che disciplina la valutazione della policy generale ed i requisiti formali per un valido trasferimento del diritto di priorità, l’esito di tale valutazione non sarebbe diverso da quello della seconda linea argomentativa dell’appellante, a causa di una mancanza di fondatezza riguardo al contenuto delle prove. Questo perché (a) la policy generale non copriva il trasferimento del diritto di priorità per la domanda P o (b) la policy generale non è sempre stata rispettata. Inoltre, c) la policy generale non indicava il trasferimento del diritto di priorità per “domande pendenti” come la domanda P. Per quanto riguarda l’osservazione (c), la commissione ha ritenuto che anche assumendo che il diritto di priorità ed il diritto di depositare una domanda di brevetto successiva che rivendica quella priorità fossero effettivamente diritti inscindibili ai sensi della legge taiwanese, ciò non poteva comunque non tenere conto del requisito sostanziale secondo il quale il diritto di priorità relativo ad una prima domanda può essere trasferito indipendentemente dal diritto a quella prima domanda. Dunque, la commissione ha rilevato che il fatto che una certa domanda di brevetto (come la domanda P) sia stata trasferita sulla base della presunta policy generale non significa necessariamente – in assenza di qualsiasi indicazione esplicita o implicita – che tale trasferimento includesse il diritto di priorità derivante da tale domanda.
Di conseguenza, la commissione ha deciso di non ammettere la quarta linea argomentativa.
In conclusione, la commissione ha giudicato che – a prescindere dalla questione della legge nazionale applicabile in relazione all’attuale trasferimento del diritto di priorità – l’appellante-Società 2 non è stata in grado di dimostrare sufficientemente che il diritto di priorità nascente dalla domanda P fosse stato validamente trasferito all’appellante-Società 2 prima del deposito della domanda di brevetto europeo D2. Quindi, la rivendicazione di priorità per la domanda di brevetto europeo D2 non era valida e A4 appartiene alla tecnica nota di essa facendo sì che il relativo brevetto europeo fosse revocato per mancanza di novità.

L’autore di questo articolo ritiene che la legge applicabile al trasferimento del diritto di priorità non sia quella del paese dove viene poi rivendicata la priorità, perché il diritto si costituisce con il deposito della prima domanda e deve essere trasferito prima di essere esercitato, ovvero prima che siano depositate le successive domande che rivendicano la priorità del primo deposito, tra due parti che, in generale, non hanno alcun legame con il paese dove verrà poi rivendicata la priorità. Inoltre, sarebbe impraticabile sottoscrivere un accordo di trasferimento del diritto di priorità per ogni paese nel quale il cessionario avrà facoltà di esercitare il diritto di priorità che soddisfi i requisiti formali e sostanziali di ogni singolo paese considerato.
Data la mancanza di relazione del diritto di priorità con un territorio specifico, è nostro parere che la legge applicabile alla validità di un trasferimento del diritto di priorità possa essere individuata analogamente a quanto previsto dal regolamento CE, 17 giugno 2008, n. 593/2008 (Roma I) relativo alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. In altre parole, il trasferimento del diritto di priorità dovrebbe essere disciplinato dalla legge scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, dalla legge del paese di residenza del richiedente della prima domanda, vale a dire la parte che cede il diritto di priorità.
Tuttavia, in considerazione della mancanza di certezza circa la legge applicabile al trasferimento del diritto di priorità, è necessaria qualche linea guida pratica.
L’autore di questo articolo ritiene che la procedura più sicura consista nel trasferire il diritto di priorità tramite un accordo scritto che espressamente menzioni il diritto di rivendicare la priorità della prima domanda (e possibilmente i paesi per i quali è trasferito), firmato da cedente e cessionari prima della data di deposito di qualsiasi domanda successiva rivendicante la priorità della prima domanda, ed indicante espressamente la legge applicabile all’accordo di trasferimento.

Andrea Scilletta, consulente in proprietà industriale – vedi Decisione completa

05 settembre 2017 – Sentenza della Corte di Cassazione n. 20388 del 22 agosto 2017 – Quando un disegno comunitario non registrato può essere considerato come ragionevolmente conosciuto e, quindi, inizia la protezione.

05 settembre 2017 – Sentenza della Corte di Cassazione n. 20388 del 22 agosto 2017 – Quando un disegno comunitario non registrato può essere considerato come ragionevolmente conosciuto e, quindi, inizia la protezione.

In un caso relativo ad una contraffazione di un disegno o modello comunitario non registrato relativo ad una t-shirt di una famosa maison di moda, la Corte di Cassazione ha ritenuto che un disegno o modello non registrato può ragionevolmente essere conosciuto, nel corso della normale attività commerciale, dagli ambienti specializzati del settore interessato operanti nell’Unione Europea, qualora siano state distribuite illustrazioni di tale disegno o modello a commercianti che operano in tale settore, non limitate ad una sola impresa appartenente a detto settore. Pertanto, in tal caso il modello non registrato deve considerarsi protetto a livello comunitario – v. sentenza completa

4 settembre 2017 –EUIPO – pacchetto di riforma dei marchi dell’UE – Pronti per il 1° ottobre?

4 settembre 2017 –EUIPO – pacchetto di riforma dei marchi dell’UE - Pronti per il 1° ottobre?

Il requisito della rappresentazione grafica non si applicherà più quando si presenta una domanda di marchio dell’UE dal 1° ottobre 2017: ciò che si vede è ciò che si ha!

Nessuna descrizione è necessaria per depositare qualsiasi tipo di marchio, piuttosto formati elettronici sono richiesti per la rappresentazione dei marchi, come jpeg per marchi figurativi, di posizione, di colore ed ologrammi, così come mp3 per marchi sonori e mp4 per marchi di movimento (video) ed ologrammi.

Inoltre, i marchi di certificazione saranno accettati, ovvero marchi che siano idonei a distinguere prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, da prodotti e servizi non certificati.

I marchi di certificazione indicheranno che i prodotti/servizi recanti il marchio sono conformi alle prescrizioni normative predefinite nei regolamenti d’uso e controllate sotto la responsabilità del titolare del marchio di certificazione. A tale scopo, il titolare deve depositare i regolamenti d’uso del marchio di certificazione contenenti le caratteristiche dei prodotti/servizi da certificare, le condizioni che disciplinano l’uso del marchio di certificazione, ed i criteri di prova e supervisione che devono essere applicati dal titolare del marchio di certificazione.

Un marchio di certificazione non può essere posseduto da una persona che svolge un’attività riguardante la fornitura di prodotti/servizi del tipo certificato: il titolare non può nemmeno utilizzare il marchio per i prodotti/servizi certificati coperti. – v. informazioni dell’EUIPO

22 agosto 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 1028/14 – Metodo e sistema basati sulla reputazione per determinare una probabilità che un messaggio sia indesiderato: Identificazione di caratteristiche tecniche e non tecniche

22 agosto 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 1028/14 – Metodo e sistema basati sulla reputazione per determinare una probabilità che un messaggio sia indesiderato: Identificazione di caratteristiche tecniche e non tecniche

La rivendicazione 1 della domanda EP07816059.5 recita come segue:
Metodo per determinare una probabilità che un messaggio ricevuto sia un messaggio indesiderato, comprendente le fasi di:
(i) ricevere un messaggio in un sistema di messaggistica;
(ii) inoltrare a un motore di reputazione un set preselezionato di identificatori relativi all’origine del messaggio, il set preselezionato di identificatori includendo un indirizzo IP da cui ha avuto origine il messaggio ricevuto, una tupla di un dominio nel quale il messaggio ricevuto presumibilmente ha avuto origine e l’indirizzo IP da cui il messaggio ricevuto ha avuto origine, ed una tupla di un utente che presumibilmente ha originato il messaggio e l’indirizzo IP da cui il messaggio ricevuto ha avuto origine;
(iii) controllare i database nel motore di reputazione per determinare le metriche di reputazione precedentemente determinate per gli identificatori inoltrati e restituire le metriche di reputazione precedentemente determinate al sistema di messaggistica;
(iv) fare una prima determinazione nel sistema di messaggistica di una probabilità circa il fatto che il messaggio ricevuto sia indesiderato utilizzando un primo set di criteri incluse le metriche di reputazione restituite; e
(v) contrassegnare il messaggio come desiderato od indesiderato in conformità alla prima determinazione.
La divisione d’esame aveva rifiutato la domanda di brevetto europeo sulla base di carenza di attività inventiva, considerando che le caratteristiche da i) a iv) della rivendicazione 1, lasciando da parte i termini “sistema di messaggistica”, “motore di reputazione” e “indirizzo IP”, rappresentassero caratteristiche non tecniche riguardanti meramente “un piano per elaborare dati”.
La commissione d’appello non ha concordato.
La giurisprudenza consolidata delle commissioni d’appello ritiene che una caratteristica di una rivendicazione non tecnica è una caratteristica relativa a non-invenzioni ai sensi dell’articolo 52(2) EPC (inclusi i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali o per attività commerciale, ed i programmi di elaboratore) e non contribuisce alla soluzione di un qualsiasi problema tecnico fornendo un effetto tecnico, persino quando interagisce con le caratteristiche tecniche della rivendicazione; essa può quindi essere ignorata ai fini della valutazione dell’attività inventiva.
Secondo la domanda di brevetto di questo caso, il problema da risolvere con l’invenzione è fornire un sistema ed un metodo basati sulla reputazione per determinare la probabilità che un messaggio sia indesiderato che permetta una granularità più fine nel tracciamento della reputazione. Dato che l’intera domanda riguarda messaggi di telecomunicazione e che messaggi indesiderati corrispondono a messaggi di spam, la commissione ha ritenuto che il sottostante problema da risolvere è davvero un problema tecnico e che le caratteristiche (i) – (v) della rivendicazione 1 effettivamente contribuiscono alla soluzione di tale problema tecnico, per le seguenti ragioni:
Per mezzo della caratteristica (i), un’unità apparentemente tecnica, cioè un “sistema di messaggistica”, riceve un messaggio che include identificatori come indirizzi IP (Internet Protocol).
Tramite la caratteristica (ii) il sistema di messaggistica inoltra quegli identificatori ad un’unità, denominata “motore di reputazione”.
Per mezzo della caratteristica (iii), l’unità controlla i database per determinare alcune metriche relative alla “reputazione” degli identificatori inoltrati e le invia al sistema di messaggistica.
Tramite la caratteristica (iv), il sistema di messaggistica calcola la probabilità che il messaggio ricevuto sia un messaggio indesiderato (cioè un messaggio di spam) sulla base, tra l’altro, delle metriche fornite dal motore di reputazione.
Infine, per mezzo della caratteristica (v), il sistema di messaggistica contrassegna il messaggio come desiderato od indesiderato.
Dunque, con l’uso di tali caratteristiche, può essere effettivamente compiuta una valutazione più raffinata del fatto che sia stato ricevuto un messaggio di spam. Inoltre, le fasi del metodo secondo le caratteristiche (i) – (v) sono in effetti parte del sistema computerizzato funzionale e non si riferiscono meramente ad un “piano per elaborare dati” (che in ogni caso non è menzionato nell’elenco delle non-invenzioni nell’articolo 52(2) (a)-(d), EPC).
In conclusione, la commissione ha ritenuto che tutte le caratteristiche da (i) a (v) sono caratteristiche tecniche che conseguentemente devono essere considerate integralmente nella valutazione dell’attività inventiva. Pertanto, la questione non è se un notorio sistema computerizzato in rete sia in grado di eseguire le fasi del metodo delle caratteristiche da (i) a (v), ma se l’esperto nel ramo dell’elaborazione dati avrebbe sviluppato, senza l’uso di capacità inventive, una soluzione che realizza tale “sistema computerizzato in rete” per eseguire tutte quelle fasi.
La commissione ha ritenuto che la divisione di esame avesse fornito solo una valutazione inadeguata ed errata di attività inventiva, citando solo il documento D1 come prova della notorietà di un “generico sistema computerizzato in rete”. Pertanto, la commissione non si è considerata in grado di valutare la correttezza della valutazione di novità ed attività inventiva della divisione d’esame, o di passare un giudizio definitivo su tale questione per la prima volta nel procedimento di appello. Conformemente, la commissione ha ritenuto di non poter accedere alla richiesta dell’appellante di concedere le rivendicazioni a questo stadio ed ha deciso di rinviare il caso alla divisione d’esame per ulteriore esame, avendo riguardo della tecnica anteriore pertinente – citata nella domanda originariamente depositata o nella procedura di esame o da individuare a seguito di una ricerca addizionale.
Infine, la commissione ha deciso che la decisione di rinviare il caso al dipartimento di prima istanza non è lesivo per l’appellante ed ha potuto quindi essere presa senza dover convocare un procedimento orale davanti alla commissione. – Decisione completa

22 agosto 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 671/12 – Comunicazione di non partecipazione ad un procedimento orale pianificato: discrezione della commissione di mantenere o meno l’udienza

22 agosto 2017 – Giurisprudenza EPO – caso T 671/12 – Comunicazione di non partecipazione ad un procedimento orale pianificato: discrezione della commissione di mantenere o meno l’udienza

Dopo aver ricevuto un’opinione preliminare negativa dalla commissione, il titolare del brevetto appellante ha annunciato che non avrebbe partecipato al procedimento orale ed ha chiesto che il procedimento avesse luogo in sua assenza.
Secondo la giurisprudenza consolidata, qualora sia indetto un procedimento orale a seguito della richiesta di una parte di tale procedimento come richiesta subordinata, e se tale parte successivamente dichiara che non sarà rappresentata al procedimento orale, tale dichiarazione dovrebbe essere normalmente trattata come equivalente ad un ritiro della richiesta di procedimento orale.
La richiesta di procedimento orale da parte del titolare del brevetto appellante nel presente appello era incondizionata. Tuttavia, questa differenza non rileva perché l’essenza della giurisprudenza consolidata è che non esiste alcuna ragione nel mantenere il procedimento orale se una parte a conoscenza dell’opinione negativa della commissione informa la commissione che non parteciperà al procedimento orale e non presenta argomenti aggiuntivi – tale parte non ha alcun interesse legittimo a far valere la sua richiesta di procedimento orale. Piuttosto, in queste circostanze ed indipendentemente dal fatto che la parte esplicitamente mantenga o meno la sua richiesta di procedimento orale, è a discrezione della commissione decidere se il procedimento orale previsto debba essere mantenuto o annullato, in quanto non può essere lo scopo dell’articolo 116 EPC (che prevede che un procedimento orale ha luogo in certe circostanze, inclusa la richiesta di una parte) che una parte possa obbligare una commissione a tenere un procedimento orale in sua assenza.
La commissione ha pertanto concluso che, tenuto conto delle memorie delle parti nel procedimento scritto, dell’opinione preliminare della commissione e della successiva lettera del titolare del brevetto appellante, è in condizioni di prendere una decisione definitiva senza tenere un procedimento orale. – Decisione completa

13 luglio 2017 – Il dibattito presso la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sul sistema brevettuale USA: breve relazione e commento dall’altro lato dell’Oceano Atlantico

13 luglio 2017 - Il dibattito presso la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sul sistema brevettuale USA: breve relazione e commento dall’altro lato dell’Oceano Atlantico

La sottocommissione della Camera per tribunali, proprietà intellettuale e Internet ha tenuto un’audizione su “L’impatto di brevetti scadenti sulle imprese americane”, focalizzato in particolare sull’industria del software ed i cosiddetti patent troll (aziende, generalmente non attive industrialmente, che azionano propri brevetti contro terzi). Sono state ascoltate le testimonianze di Mr. Thomas Lee (Mapbox), del Giudice Paul R. Michel, di Mr. Sean Reilly (la Clearing House Pagamenti Company L.L.C.) e di Ms. Julie Samuels (Engine).

A nostro parere, sebbene concordiamo con alcune delle loro opinioni, specialmente sull’impatto negativo dei cosiddetti patent troll per la crescita economica di società innovative, i significati soggiacenti alle affermazioni di Mr. Lee, Mr. Reilly e Ms. Samuels sono tutti discutibili. Peraltro, la rilevanza delle loro affermazioni è dubbia ove si considerino le esperienze “partigiane” e conseguentemente limitate da cui nascono: Mapbox è un’azienda open source che non possiede brevetti, The Clearing House Payments Company L.L.C. è un’azienda che possiede pochi brevetti tutti relativi ai cosiddetti business method (metodi commerciali) e Engine è un’organizzazione supportata da centinaia di start-up negli USA che si dichiara per un Internet aperta e sostanzialmente contro l’IP (ad esempio, vedi l’articolo di Ms. Samuels Hacking the Patent System“).

Riteniamo che le oscillazioni ampie ed incontrollate del “pendolo” del sistema brevettuale statunitense concernente le invenzioni di software e di metodi commerciali, che negli ultimi decenni ha barcollato in modo imprevedibile tra il riconoscimento e la negazione dell’ammissibilità e la brevettabilità, saranno difficilmente attenuabili ascoltando opinioni radicali contrastanti.

Non è questo il caso della testimonianza acuta ed equilibrata del giudice Michel, ex giudice capo della Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Circuito Federale, con il quale concordiamo. In particolare, egli ha dichiarato che “la norma sull’ammissibilità sotto il regime Alice/Mayo è diventata altamente incerta ed imprevedibile. Ed i risultati sono stati tanto incoerenti quanto imprevedibili”. A questo proposito, il giudice Michel è del parere che, in Alice, la decisione della Corte suprema che ha ritenuto che “se una rivendicazione “è diretta a” un’idea astratta (qualunque cosa questa significhi) non è ammissibile nonostante rivendichi una “macchina”, che il Congresso esplicitamente ammette, sembra altamente inappropriata come un’evidente invasione delle prerogative Costituzionali del Ramo Legislativo” (durante l’audizione, il giudice Michel ha sollecitato un intervento del Congresso per chiarire la questione dell’ammissibilità e promuovere la formazione tecnica dei giudici). Inoltre, egli ha significativamente affermato che lo sforzo di eliminare brevetti non validi ha fatto sì che l’efficacia del sistema brevettuale sia diminuita o distrutta per la maggior parte dei proprietari che sono attori responsabili: “coloro che abusano possono essere puniti e dissuasi con mezzi chirurgici ed indebolire l’intero sistema è sicuramente non necessario né sensato”. Il giudice Michel ha continuato dicendo che i miti che la maggior parte dei brevetti azionati siano “scadenti”, che la maggior parte delle cause siano futili e che i tribunali siano non disposti od incapaci di risolvere il numero limitato di abusi effettivi del sistema brevettuale sono falsi. Egli ha saggiamente concluso che “se nell’interesse di combattere ulteriormente i pochi che abusano del sistema, smantelleremo ulteriormente il sistema stesso, il nostro paese commetterà un suicidio economico”.

I documenti delle testimonianze complete sono disponibili qui

12 luglio 2017 – Sentenza della Corte Suprema del Regno Unito: quesiti riformulati per la valutazione della contraffazione diretta di un brevetto per equivalenti (che allargano l’ambito di protezione di un brevetto)

12 luglio 2017 - Sentenza della Corte Suprema del Regno Unito: quesiti riformulati per la valutazione della contraffazione diretta di un brevetto per equivalenti (che allargano l’ambito di protezione di un brevetto)

In un caso relativo alla questione se tre prodotti fabbricati dal gruppo di società Actavis avrebbero violato il brevetto EP1313508 la cui titolare è la Eli Lilly & Company, la Corte Suprema del Regno Unito ha riformulato l’orientamento per la valutazione della contraffazione diretta di un brevetto per equivalenti.

Escludendo una contraffazione letterale delle rivendicazioni, la Corte ha ritenuto che “il Protocollo sull’Interpretazione dell’articolo 69 come modificato nel 2000 (“ il Protocollo “) è fondamentale per la contestazione di Lilly che l’ambito di protezione conferito dal brevetto si estende ai prodotti Actavis”.

Più precisamente, due punti appaiono chiari dal Protocollo. Il primo … è che l’ambito di protezione conferito ad un titolare di brevetto non deve essere limitato dal significato letterale delle rivendicazioni … Non ritengo che l’ultima parte della prima frase dell’articolo 1 consenta di prendere in considerazione la descrizione e i disegni soltanto quando si interpretano le rivendicazioni, nei casi in cui le rivendicazioni sarebbero altrimenti ambigue. Qualsiasi dubbio su questo deve essere messo da parte in virtù della seconda e terza frase … Tuttavia, è molto difficile essere sicuri di quanto lontano siano stati intesi permettere ad un tribunale di andare oltre il linguaggio effettivo di una rivendicazione quando si interpreta la rivendicazione. In secondo luogo, è evidente dall’art. 2 che esiste almeno potenzialmente una differenza tra l’interpretazione di una rivendicazione e l’ambito di protezione conferito da una rivendicazione, e, considerando l’estensione di tale protezione, devono essere presi in considerazione gli equivalenti, ma non viene fornita alcun orientamento in merito a ciò che precisamente costituisce un equivalente o come gli equivalenti devono essere presi in considerazione”.

Qualsiasi sistema brevettuale deve trovare un equilibrio tra i due fattori concorrenti cui si riferisce la parte finale dell’articolo 1 del Protocollo, segnatamente “una equa protezione per il titolare del brevetto [ed] una ragionevole sicurezza giuridica per i terzi.

Un problema di contraffazione è meglio affrontato trattando due questioni, ognuna delle quali deve essere considerata attraverso gli occhi del destinatario nozionale del brevetto in causa, ovvero della persona esperta nel ramo. Queste questioni sono: i) la variante contraffà una qualsiasi delle rivendicazioni secondo una normale interpretazione; e, se no, (ii) la variante è comunque in contraffazione perché differisce dall’invenzione in un modo o in modi che sono immateriali? Se la risposta a una delle due questioni è “sì”, c’è una contraffazione; altrimenti non c’è. Tale approccio è conforme al … Protocollo … La questione (i) solleva evidentemente un quesito di interpretazione, mentre la questione (ii) solleva un quesito al quale normalmente si dovrebbe rispondere con riferimento a fatti e perizie”.

La questione (ii) non comporta la mera individuazione di ciò che le parole di una rivendicazione significherebbero nel loro contesto al destinatario nozionale, ma anche considerando la portata eventuale cui l’ambito di protezione conferito dalla rivendicazione dovrebbe estendersi al di là di tale significato. Come scrisse Sir Hugh Laddie nel suo articolo istruttivo Kirin-Amgen – The End of Equivalents in England? (2009) 40 IIC 3, para 68, “il Protocollo non riguarda le regole di interpretazione delle rivendicazioni” ma “la determinazione dell’ambito di protezione””.

La questione (i) … comporta la soluzione di un problema di interpretazione … Nel presente caso, non c’è alcun dubbio che, secondo i normali principi di interpretazione dei documenti, i prodotti Actavis non sono in contraffazione del brevetto

Tuttavia, la seconda questione pone maggiori difficoltà di principio: che cosa rende una variazione “immateriale”?

Il quesito è se la variante raggiunga lo stesso risultato sostanzialmente nello stesso modo dell’invenzione. Se la risposta a tale quesito è no, allora sarebbe chiaramente inopportuno concludere che potrebbe essere una contraffazione. Se, invece, la risposta è sì, allora fornisce una solida base iniziale per concludere che la variante può essere in contraffazione, ma la risposta non dovrebbe essere la fine della disputa”.

Il secondo quesito è meglio espresso chiedendo se, conosciuto cosa fa la variante, il destinatario nozionale considererebbe ovvio che essa consegua sostanzialmente lo stesso risultato sostanzialmente nello stesso modo dell’invenzione … supponendo che il destinatario nozionale conosca che la variante funzioni nella misura in cui effettivamente funziona. Ciò … sarebbe una base equa per procedere in termini di equilibrio dei fattori individuati nell’articolo 1 del Protocollo, ed è … coerente con il fatto che al destinatario nozionale viene detto (nel brevetto stesso) cosa fa l’invenzione”.

Questi quesiti sono linee guida, non norme rigorose … mentre il linguaggio di alcuni o tutti i quesiti può talvolta essere adattato per applicarsi in modo più appropriato ai fatti specifici di un caso particolare, i tre quesiti riformulati sono i seguenti:

  1. Nonostante che non rientri nel significato letterale delle rivendicazioni rilevanti del brevetto, la variante raggiunge sostanzialmente lo stesso risultato sostanzialmente nello stesso modo dell’invenzione, ovvero del concetto inventivo rivelato dal brevetto?
  2.  Sarebbe ovvio per la persona esperta nel ramo, leggendo il brevetto alla data di priorità, ma conoscendo che la variante raggiunge sostanzialmente lo stesso risultato dell’invenzione, che essa lo fa sostanzialmente nello stesso modo dell’invenzione?
  3. Tale lettore del brevetto avrebbe concluso che il titolare del brevetto intendeva comunque che la rigorosa osservanza del significato letterale delle rivendicazioni rilevanti del brevetto era un requisito essenziale dell’invenzione?

Allo scopo di stabilire la contraffazione in un caso in cui non vi sia alcuna contraffazione letterale, il titolare del brevetto dovrebbe stabilire che la risposta ai primi due quesiti è “sì” e che la risposta al terzo quesito è “no””.

Sentenza completa della Corte Suprema del Regno Unito

10 luglio 2017 – Tribunale Unificato dei Brevetti

10 luglio 2017 – Tribunale Unificato dei Brevetti

(Unified Patent Court – UPC) – Il Coordinatore del Gruppo di Lavoro IT ha annunciato che, da agosto 2017 e fino all’apertura del Tribunale, gli utilizzatori potranno accedere all’ultima versione del Sistema di Gestione dei Casi (Case Management System – CMS). Si prevede che il CMS abbia solo modifiche di ritocco per i mesi a venire. L’annuncio conferma inoltre che l’inizio del periodo di avvio del Tribunale è attualmente previsto per l’inizio del 2018 – messaggio completo.

07 luglio 2017 – Tribunale Unificato dei Brevetti 

07 luglio 2017 – Tribunale Unificato dei Brevetti 

(Unified Patent Court – UPC) – Il Regno Unito ha depositato il documento richiesto per applicare il Protocollo all’Accordo su un Tribunale Unificato dei Brevetti sull’applicazione provvisoria (PPA). Questo protocollo consentirà l’applicazione provvisoria di alcune parti dell’Accordo sul Tribunale – comunicazione completa.