Rischio di confusione, somiglianza, pregiudizio alla notorietà dei segni: la sentenza del Tribunale dell’UE del 21 aprile 2021, caso T-44/20

Rischio di confusione, somiglianza, pregiudizio alla notorietà dei segni: la sentenza del Tribunale dell’UE del 21 aprile 2021, caso T-44/20

Con sentenza del 21 aprile 2021, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato sull’applicazione dell’articolo 8 paragrafo 1 lettera b) e dell’articolo 8, paragrafo 5 del Regolamento 207 del 2009 (modificato con Regolamento 2017/1001) in relazione alla vicenda di seguito argomentata (Caso: T‑ 44/20).

Nel 2017, parte ricorrente, Chanel, presentava un’opposizione nei confronti della domanda di registrazione del marchio  dell’UE 017248642 per prodotti in classe 9 depositato dalla Huawei Technologies Co. Ltd, chiedendo l’esclusione della registrazione del marchio in quanto asseritamente identico o simile, per prodotti identici o simili, al proprio marchio francese 3977077 anteriore per prodotti in classe 9 e dunque con questo confondibile dal pubblico di riferimento (basando la richiesta sull’ articolo 8 paragrafo 1 lettera b del regolamento sopra menzionato).

Nella medesima sede è stata richiesta inoltre l’esclusione della registrazione della domanda di marchio sopra citata, in quanto simile al marchio francese 1334490 anteriore della ricorrente, per prodotti nelle classi 3, 14, 18 e 25, asseritamente notorio (basando la richiesta sull’ articolo 8 paragrafo 5 del regolamento sopra menzionato).

La domanda di opposizione veniva respinta dalla Divisione dell’Opposizione dell’EUIPO e successivamente veniva respinto il ricorso dalla Commessione di Ricorso dell’EUIPO.

Per tali ragioni, Chanel adiva il Tribunale dell’Unione Europea chiedendo di annullare la decisione impugnata nella parte in cui si affermava non sussistere il rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento in relazione al marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento 2017/1001, nonché nella parte in cui si riteneva che non fosse soddisfatta la prima delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5 del Regolamento 2017/1001, ossia quello relativo all’identità o alla somiglianza dei segni in conflitto, dato che il marchio richiesto era diverso dal marchio asseritamente notificato.

Ebbene, Il Tribunale dell’UE, con la sentenza in analisi, ha respinto i motivi di ricorso in quanto il segno contestato non è stato ritenuto simile ai marchi registrati ed azionati dalla ricorrente.

In particolare, il Tribunale dell’UE ha effettuato il confronto deI segno contestato e di quello asseritamente notorio basandosi su precedenti pronunce giurisprudenziali in base alle quali l’applicazione dell’articolo  8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 presuppone la coesistenza delle seguenti condizioni: i marchi in conflitto devono essere identici o simili; Il marchio anteriore invocato a sostegno dell’opposizione deve  godere di notorietà; infine, deve sussistere il rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

Queste tre condizioni sono cumulative e la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la suddetta disposizione.

Ebbene, valutati globalmente, i marchi in conflitto sono stati considerati diversi sia sul piano visivo che concettuale. In proposito, contestando l’argomentazione della ricorrente che sarebbe lecito tener conto dell’orientamento diverso di uno dei segni se corrisponde alla percezione che, indipendentemente dalle intenzioni del suo titolare, il pubblico può averne al momento dell’apposizione del marchio sui prodotti sul mercato, il Tribunale ha confermato che il confronto tra i segni può essere effettuato solo sulla base delle forme e degli orientamenti in cui tali segni sono registrati o richiesti. Mancando una delle condizioni sopra esposte non è stato possibile applicare l’articolo 8, paragrafo 5 del Regolamento, pertanto il primo motivo del ricorso è stato respinto.

Il Tribunale dell’UE ha considerato i marchi in conflitto non simili, pertanto non sono nemmeno stati presi in considerazione gli altri fattori pertinenti ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, in quanto non possono compensare in nessun caso la diversità tra i segni.

Sempre sulla base del fatto che i marchi in conflitto sono stati considerati diversi, anche il motivo del ricorso basato sull’applicazione dell’articolo 8 paragrafo 1 lettera b) del Regolamento sopra menzionato è stato respinto.

Il ricorso non è dunque stato accolto in quanto il segno contestato non è stato ritenuto simile ai marchi azionati dalla ricorrente.

Serena Biondi

Covid-19 – Estensione dei termini in scadenza per procedimenti di fronte all’EPO ed all’EUIPO

Sia l’Ufficio Brevetti Europeo (EPO) che l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) hanno esteso i termini per tutte le parti e i loro rappresentanti.
L’EPO ha deciso che i termini che scadono il 15 marzo 2020 o in data successiva siano prorogati per tutte le parti e i loro rappresentanti fino al 17 aprile 2020. Ai sensi dell’art. 150(2) EPC, ciò vale anche per le domande internazionali nell’ambito del PCT. L’estensione potrà essere ulteriormente prorogata dalla pubblicazione di un’altra comunicazione nel caso in cui i problemi dovuti alle misure adottate in Europa per arrestare la diffusione del Covid-19 si estendano oltre il 17 aprile 2020 (v. Notice from the EPO).
L’EUIPO ha deciso che tutti i termini che scadono tra il 9 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, che interessano tutte le parti dinanzi all’Ufficio, sono prorogati al 1 ° maggio 2020 (v. Decisione EUIPO).

22 marzo 2018 – Uno slogan pubblicitario è distintivo solo se può essere immediatamente percepito come un’indicazione dell’origine commerciale dei beni o dei servizi in questione – Sentenza della Corte di giustizia dell’UE (Tribunale), causa T 235/17

22 marzo 2018 - Uno slogan pubblicitario è distintivo solo se può essere immediatamente percepito come un'indicazione dell'origine commerciale dei beni o dei servizi in questione - Sentenza della Corte di giustizia dell'UE (Tribunale), causa T 235/17

La ricorrente aveva presentato una domanda di registrazione di un marchio UE per il segno denominativo MOBILE LIVING MADE EASY per beni e servizi delle classi 5-7, 9, 11, 12, 19-22 e 37 dell’Accordo di Nizza. L’esaminatore dell’EUIPO ha respinto la domanda per il motivo che era priva di qualsiasi carattere distintivo. La ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi all’EUIPO e la Commissione di Ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso ritenendo che il segno fosse privo di qualsiasi carattere distintivo, in quanto il pubblico di riferimento percepirebbe l’espressione ‘mobile living made easy’ “vivere in modo agevole reso facile” come un messaggio promozionale elogiativo che serve ad evidenziare aspetti positivi dei beni e dei servizi interessati, segnatamente che rendono facile una vita itinerante, mobile, e non come una indicazione della loro origine commerciale.

Il Tribunale ha ritenuto che, al fine di determinare se i beni ed i servizi oggetto di una domanda di registrazione di un marchio UE siano interconnessi in modo sufficientemente diretto e specifico e possano essere inseriti in categorie o gruppi sufficientemente omogenei, si deve tener conto del fatto che l’obiettivo di tale compito è quello di consentire e facilitare la valutazione in concreto della questione se il marchio oggetto della domanda di registrazione sia o meno catturato da uno degli impedimenti assoluti alla registrazione. Richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, il Tribunale ha altresì affermato che il collocamento dei beni e dei servizi in questione in uno o più gruppi o categorie deve essere effettuato in particolare sulla base delle caratteristiche che sono comuni tra loro e che sono pertinenti per l’analisi della possibilità che uno specifico impedimento alla registrazione si applichi o meno al marchio richiesto rispetto a quei beni e servizi.

Inoltre, si deve esaminare se, alla luce del significato dell’elemento denominativo del marchio richiesto, i beni e servizi oggetto del marchio in questione costituiscano un gruppo omogeneo che giustifica il ricorso a motivazioni generali.

Il Tribunale ha ancora richiamato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE che afferma che, nonostante le loro differenze, tutti i beni ed i servizi in questione potrebbero avere una caratteristica comune, pertinente per l’analisi che la Commissione di Ricorso doveva effettuare, che potrebbe giustificare la loro collocazione all’interno di un unico gruppo omogeneo e l’uso da parte della Commissione di Ricorso di motivazioni generali in relazione ad essi.

Nella fattispecie, il Tribunale ha ritenuto che risulta evidente dalla decisione impugnata che la Commissione di Ricorso ha giudicato che i beni ed i servizi menzionati nella domanda di registrazione appartenessero ad una categoria omogenea alla luce di una caratteristica comune definita dal riferimento al significato del segno richiesto, cioè “che facilita la vita mobile”. A tale riguardo, “sebbene i beni delle varie classi abbiano caratteristiche specifiche molto diverse, essi formano una categoria omogenea concernente una caratteristica generale, ma essenziale o desiderabile, per coloro che si spostano, ad esempio, nei loro veicoli via terra o via acqua, segnatamente, in un modo o nell’altro, i beni facilitano la vita mobile (fornendo mezzi per gli scopi specifici di igiene personale, sicurezza, energia, cucina, conservazione di cibi e bevande, comfort termico o comfort in generale)”.

Il Tribunale ha riconosciuto che la Commissione di Ricorso ha quindi tenuto conto del fatto che la domanda di registrazione riguardava beni e servizi con caratteristiche diverse. Ciò non di meno, ha giudicato che tali beni e servizi avessero anche una caratteristica generale in comune di facilitare la vita mobile.

Inoltre, il Tribunale ha affermato che la Commissione di Ricorso ha evidenziato che i servizi della classe 37 menzionati nella domanda di registrazione riguardavano veicoli ricreativi, camper, roulotte, yacht e barche, veicoli passeggeri, furgoni e camion che potevano servire da alloggio permanente o temporaneo per scopi professionali o ricreativi e che i beni in questione potrebbero essere installati o utilizzati in quei veicoli. Di conseguenza, i beni che sono installati o utilizzati in tali veicoli devono essere considerati beni che facilitano la vita mobile in un modo o nell’altro.

Dunque, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione di Ricorso aveva ragione nel constatare che i beni ed i servizi in questione formano una categoria omogenea, in quanto facilitano la vita mobile in un modo o nell’altro.

 

Richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che la registrazione di un marchio che consiste di segni od indicazioni che sono utilizzati anche come slogan pubblicitari, indicazioni di qualità od incitamenti all’acquisto dei beni o servizi coperti da tale marchio non è escluso di per sé in virtù di tale uso. Tuttavia, un marchio che, come uno slogan pubblicitario, svolge funzioni diverse da quella di un marchio nel senso tradizionale del termine è distintivo solo se può essere immediatamente percepito come un’indicazione dell’origine commerciale dei beni o servizi in questione e conformemente consente al pubblico di riferimento di distinguere, senza alcuna possibilità di confusione, i beni o servizi del titolare del marchio da quelli che hanno una differente origine commerciale. Per un accertamento di carenza di carattere distintivo, è sufficiente che il contenuto semantico del marchio denominativo in questione indichi al consumatore una caratteristica del bene o servizio relativa al suo valore di mercato che, sebbene non specifico, provenga da informazioni promozionali o pubblicitarie che il pubblico di riferimento percepirà in quanto tale a prima vista, piuttosto che come una indicazione dell’origine commerciale del bene o servizio in questione.

Quindi, il Tribunale ha condiviso il parere della Commissione di Ricorso secondo cui il segno non conteneva alcuna variazione inusuale delle regole della sintassi e grammatica inglese e che slogan pubblicitari, come quello della fattispecie, erano spesso scritti in forma semplificata, in modo da renderli più concisi ed accattivanti. Il marchio richiesto, considerato nel suo insieme in relazione ai beni e ai servizi in questione, inviava un messaggio chiaro ed inequivocabile, che era immediatamente evidente e non richiedeva alcuno sforzo interpretativo da parte del pubblico di riferimento di lingua inglese. Dunque, il pubblico di riferimento percepirebbe l’espressione ‘mobile living made easy’ come un messaggio promozionale elogiativo, la cui funzione era comunicare un messaggio ispiratore di qualità, e non avrebbe percepito nel segno richiesto alcuna particolare indicazione di origine commerciale al di là delle informazioni promozionali trasmesse, che servivano solo a mettere in risalto aspetti positivi dei beni e servizi in questione, segnatamente che essi rendevano facile avere una vita itinerante, mobile. A tale riguardo, il pubblico di riferimento è il pubblico di lingua inglese, ed il significato del segno richiesto non si allontana dal linguaggio comune in modo tale che il pubblico di riferimento riconosca in esso più che la mera giustapposizione delle espressioni “vivere in movimento” e “reso facile”, ed il pubblico di riferimento comprenderà quel segno come significare “che facilita la vita mobile”. Tale significato è così ovvio che il pubblico non ha bisogno di pensare per comprenderlo immediatamente.

Dunque, il Tribunale ha condiviso il parere della Commissione di Ricorso secondo cui il segno richiesto non sarà pertanto percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine dei beni e dei servizi in questione, ma come uno slogan pubblicitario. Ulteriormente, il segno richiesto non include alcun elemento inusuale capace di conferire carattere distintivo a quel segno.

Pertanto, il Tribunale ha confermato la decisione della Commissione di Ricorso ritenendo che tale segno non include alcun elemento che potrebbe, oltre al suo significato promozionale, consentire al pubblico di riferimento di memorizzarlo facilmente ed istantaneamente come un marchio per i beni e servizi in questione.

Sentenza completa (in inglese)

13 marzo 2018 – Marchio figurativo dell’UE comprendente una giustapposizione di due parole inglesi confrontato con un marchio denominativo dell’UE anteriore – Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 346/17

13 marzo 2018 – Marchio figurativo dell’UE comprendente una giustapposizione di due parole inglesi confrontato con un marchio denominativo dell’UE anteriore - Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 346/17

La sentenza riguarda un ricorso avverso una decisione della Commissione di Ricorso dell’EUIPO relativa a un procedimento di opposizione concernente una domanda di registrazione di un marchio dell’UE richiesta per un segno figurativo il cui elemento dominante è il risultato di una giustapposizione di due parole inglesi (“guidego”), in cui l’opposizione era fondata su un simile marchio denominativo dell’UE (“GUIDIGO”) anteriore per servizi ritenuti in parte identici ed in parte simili.

Innanzitutto, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che la valutazione della somiglianza tra due marchi significa più che prendere solo un componente di un marchio composto e confrontarla con un altro marchio. Al contrario, il confronto deve essere effettuato esaminando ognuno dei marchi in questione nel suo insieme, il che non significa che l’impressione generale prodotta nel pubblico pertinente da un marchio composto non possa, in determinate circostanze, essere dominata da uno più dei suoi componenti. Solo se tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili, la valutazione della somiglianza può essere effettuata unicamente sulla base dell’elemento dominante. Ciò potrebbe verificarsi, in particolare, quando tale componente è in grado, da sola, di dominare l’immagine di tale marchio che i membri del pubblico pertinente conservano, con il risultato che tutti gli altri componenti sono trascurabili nell’impressione complessiva creata da tale marchio.

A tale proposito, il Tribunale ha riconosciuto che l’elemento dominante del segno richiesto è il risultato di una giustapposizione di due parole inglesi e che l’uso di colori diversi consente di percepirli.

Tuttavia, con riferimento al confronto concettuale dei segni, il Tribunale ha affermato che il fatto che i consumatori distinguano tra le due parole che formano l’elemento “guidego” non significa che saranno necessariamente in grado di comprenderle.

Per quanto riguarda il confronto visivo, ancora richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il Tribunale ha sottolineato che nulla impedisce una determinazione in merito all’eventuale presenza di somiglianza visiva tra un marchio denominativo ed un marchio figurativo, poiché i due tipi di marchio hanno una forma grafica in grado di creare un’impressione visiva.

Nella fattispecie, il Tribunale ha ritenuto che il segno comprendente il marchio anteriore e l’elemento dominante del marchio richiesto sono simili nella misura in cui coincidono in sei lettere su sette e differiscono solo nella vocale centrale. Analogamente, il grado di stilizzazione dell’elemento verbale e gli elementi aggiuntivi del marchio richiesto non neutralizzano le somiglianze tra i segni, in conseguenza dei quali sono simili per un grado medio.

Questo grado di somiglianza esiste indipendentemente dal fatto che l’elemento “guidego” sia percepito come due parole separate o come un singolo elemento.

Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che esiste un elevato grado di somiglianza fonetica in quanto la pronuncia degli elementi «guidigo» e «guidego» è molto simile.

Sebbene il segno richiesto includesse parole aggiuntive scritte in caratteri molto più piccoli, ricordando la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che essi probabilmente non saranno pronunciati, e che è anche necessario tener conto della naturale tendenza dei consumatori ad abbreviare i segni prolissi.

Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che, sebbene il segno GUIDIGO sia un termine fantasioso, mentre l’elemento «guidego» è una giustapposizione di due parole inglesi, tuttavia tale circostanza non è sufficiente per consentire di considerare che la differenza di pronuncia dei due elementi distintivi sarebbe significativa, almeno per quanto riguarda la sezione non di lingua inglese del pubblico pertinente.

Infatti, anche se l’elemento “guidego” è pronunciato secondo le regole della pronuncia inglese, mentre il segno GUIDIGO è pronunciato secondo le regole di pronuncia della lingua madre del consumatore diverso dall’inglese, tale possibile differenza è rilevante solo rispetto alla parte del pubblico pertinente la cui lingua madre non è l’inglese, ma che parla inglese.

Pertanto, anche se tutti i membri del grande pubblico dell’Unione Europea riconoscessero l’elemento “guidego” come giustapposizione di due parole inglesi, il Tribunale ha ritenuto che non si può sostenere che la totalità di tale pubblico pronuncerà tale elemento secondo le regole della pronuncia inglese.

Inoltre, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che occorre ricordare che, per quanto riguarda il confronto fonetico dei segni, è necessario ignorare il loro significato, poiché tali considerazioni sono rilevanti per il confronto concettuale.

Sentenza completa

13 marzo 2018 – Marchio figurativo dell’UE basato su una lettera dell’alfabeto – Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 824/16

13 marzo 2018 – Marchio figurativo dell’UE basato su una lettera dell’alfabeto - Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 824/16

La sentenza riguarda un ricorso avverso una decisione della Commissione di Ricorso dell’EUIPO relativa ad un procedimento di opposizione concernente una registrazione internazionale designante l’Unione europea ottenuta per un segno figurativo basato sulla lettera “k”, in cui l’opposizione era fondata su quattro marchi figurativi nazionali anteriori (registrati presso l’Ufficio del Benelux per la proprietà intellettuale) basati sempre sulla stessa lettera “k” e per servizi identici.

Riguardo alla somiglianza fonetica, il Tribunale ha ritenuto che, nella misura in cui il pubblico di riferimento è in grado di distinguere la lettera «k» nel marchio richiesto e nel marchio nazionale anteriore, i due marchi possono essere pronunciati allo stesso modo. Pertanto, si deve affermare che, contrariamente a quanto rilevato dalla commissione di ricorso al riguardo, i marchi in conflitto sono identici sotto il profilo fonetico.

Riguardo alla somiglianza concettuale di due marchi costituiti dalla stessa e unica lettera, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che la rappresentazione grafica di una lettera, nella mente del pubblico di riferimento, può ricordare un’entità ben distinta, vale a dire un fonema particolare. In tal senso, una lettera rinvia a un concetto.

Ne consegue che può esistere un’identità concettuale tra segni quando questi ultimi rinviano alla stessa lettera dell’alfabeto.

In relazione alla valutazione globale del rischio di confusione, ancora richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il Tribunale ha affermato che il livello di attenzione del pubblico interessato costituisce certamente un elemento da prendere in considerazione nella valutazione del rischio di confusione. Tuttavia, non si può ammettere l’esistenza di casi in cui, a causa del livello di attenzione del pubblico interessato, possa escludersi a priori qualsiasi rischio di confusione e, pertanto, qualsiasi possibilità di applicazione di tale disposizione.

La circostanza che il pubblico di cui trattasi sarà più attento all’identità del produttore o del fornitore del prodotto o del servizio che intende acquistare non significa, per contro, che esso esaminerà nei minimi dettagli il marchio che si troverà di fronte o che lo confronterà minuziosamente con un altro marchio. Invero, anche per un pubblico che possieda un livello di attenzione elevato, resta cionondimeno il fatto che le persone che ne fanno parte hanno raramente la possibilità di effettuare un confronto diretto dei vari marchi, ma devono fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne hanno mantenuto nella memoria.

Tra i fattori rilevanti di cui si può tener conto nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione figura altresì il carattere distintivo del marchio anteriore. Tuttavia, anche supponendo che un marchio anteriore possieda un grado di carattere distintivo intrinseco inferiore alla media, tale carattere distintivo eventualmente debole non impedisce, di per sé, di constatare l’esistenza di un rischio di confusione.

In ogni caso, anche in presenza di un marchio anteriore a debole carattere distintivo, può esistere un rischio di confusione, in particolare, a causa di una somiglianza dei segni e dei prodotti e servizi considerati.

Sentenza completa

10 marzo 2018 – Presa in considerazione, da parte della Commissione di Ricorso dell’EUIPO, di nuove prove relative all’uso effettivo di un marchio anteriore – Sentenza del 28 febbraio 2018 della Corte di giustizia (Prima Sezione) dell’UE, procedimento C 418/16 P

10 marzo 2018 - Presa in considerazione, da parte della Commissione di Ricorso dell’EUIPO, di nuove prove relative all’uso effettivo di un marchio anteriore - Sentenza del 28 febbraio 2018 della Corte di giustizia (Prima Sezione) dell’UE, procedimento C 418/16 P

L’appello ha avuto origine dalla seguente controversia.

La ricorrente ha depositato due domande di marchio UE dinanzi all’EUIPO riguardanti un marchio denominativo ed un marchio figurativo, chiedendo la registrazione di prodotti e servizi nelle classi 9, 16, 35, 38 e 42 dell’Accordo di Nizza. Il marchio figurativo ed il marchio denominativo sono stati registrati.

Successivamente, l’interveniente in primo grado ha depositato due domande di dichiarazione di nullità del marchio denominativo e del marchio figurativo basate su un marchio nazionale anteriore registrato per servizi nelle classi 35 e 42 dell’Accordo di Nizza (il marchio nazionale anteriore era registrato anche per servizi nella classe 39).

Dinanzi alla Divisione di Annullamento dell’EUIPO, la ricorrente ha chiesto che l’interveniente in primo grado fornisse la prova dell’uso del marchio nazionale anteriore in questione. La Divisione di Annullamento ha respinto le domande di dichiarazione di nullità per il motivo che tale prova non era stata fornita.

Adita dei ricorsi proposti dall’interveniente in primo grado contro tali decisioni, la Commissione di Ricorso dell’EUIPO, dopo aver preso in considerazione una serie di elementi di prova ulteriori prodotti per la prima volta nell’ambito del ricorso, ha ritenuto che l’interveniente in primo grado avesse dimostrato l’uso effettivo del marchio nazionale anteriore per parte dei servizi nella classe 35 dell’Accordo di Nizza. Pertanto, essa ha annullato le decisioni della divisione di annullamento e, poiché quest’ultima non aveva esaminato il rischio di confusione, ha deciso di rinviare i procedimenti a tale Divisione ai fini dell’esame nel merito delle domande di dichiarazione di nullità.

 

La ricorrente ha proposto due ricorsi intesi all’annullamento delle decisioni controverse. Dopo aver riunito i due procedimenti, il Tribunale, con la sentenza impugnata, ha respinto i ricorsi nella loro integralità.

In particolare, la ricorrente ha sostenuto che, ritenendo che la Commissione di Ricorso poteva validamente tener conto degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore in questione prodotti per la prima volta dinanzi ad essa, il Tribunale ha violato le norme del regolamento 207/2009 (simili norme sono stabilite anche dal regolamento 2017/1001 sul marchio dell’UE, attualmente in vigore).

 

Nella sentenza del 28 febbraio 2018, la Corte di giustizia (Prima Sezione) dell’UE ha dapprima richiamato, coerentemente con la propria giurisprudenza, che la Corte non è vincolata né alle conclusioni dell’avvocato generale né alla motivazione in base alla quale egli vi perviene. Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale. Pertanto, la Corte ha ritenuto che, avendo sentito l’avvocato generale, fosse in possesso di tutti gli elementi necessari per statuire e che tali elementi fossero stati discussi dinanzi ad essa.

 

Successivamente, la Corte ha sottolineato che, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento 207/2009 (corrispondente all’articolo 95(2), paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), l’EUIPO può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato per tempo.

Secondo la giurisprudenza costante della Corte, dalla formulazione di tale disposizione deriva che, come regola generale e salvo disposizione contraria, la deduzione di fatti e di prove ad opera delle parti rimane possibile dopo la scadenza dei termini ai quali si trova subordinata una tale deduzione e che non è affatto proibito all’EUIPO tener conto di fatti e prove così tardivamente dedotti o prodotti.

Precisando che l’EUIPO «può», in un caso del genere, decidere di non tenere conto di tali prove, la suddetta disposizione conferisce all’EUIPO un ampio potere discrezionale al fine di decidere, pur sempre motivando la propria decisione sul punto, se occorra o meno tenere conto delle medesime prove.

 

Per quanto riguarda la procedura di ricorso, la Corte ha richiamato di aver già dichiarato che, ai fini dell’esame nel merito del ricorso con cui è stata adita, la Commissione di Ricorso non soltanto invita le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare, entro il termine da essa assegnato, le loro deduzioni sulle proprie notificazioni, ma può anche disporre mezzi istruttori, inclusa la deduzione di fatti o la produzione di prove. Tali disposizioni garantiscono a loro volta la possibilità di vedere arricchirsi il substrato fattuale durante le diverse fasi del procedimento svoltosi dinanzi all’EUIPO.

Pertanto, coerentemente con la propria giurisprudenza, la Corte ha richiamato che la Commissione di Ricorso, in occasione dell’esame di un ricorso diretto contro una decisione della Divisione di Opposizione, dispone del potere discrezionale di decidere se occorra o meno prendere in considerazione fatti e prove ulteriori o complementari che non sono stati presentati nei termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione. Tuttavia, non se ne può dedurre, a contrario, che, in occasione dell’esame di un ricorso contro una decisione di una Divisione di Annullamento, la Commissione di Ricorso non disponga di un siffatto potere discrezionale.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando che la Commissione di Ricorso può, in occasione dell’esame di un ricorso diretto contro la decisione di una Divisione di Annullamento, prendere in considerazione elementi di prova ulteriori relativi all’uso effettivo del marchio anteriore in questione che non siano stati prodotti entro i termini fissati da tale divisione.

In proposito, coerentemente con la propria giurisprudenza, la Corte ha altresì richiamato che la presa in considerazione da parte dell’EUIPO di fatti e di prove tardivamente prodotti, quando è chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento di nullità, è, in particolare, giustificabile quando l’EUIPO ritenga che, da un lato, gli elementi prodotti tardivamente possano, a prima vista, rivestire un’effettiva rilevanza per l’esito della domanda di dichiarazione di nullità proposta dinanzi ad esso e che, dall’altro, la fase del procedimento in cui interviene tale produzione tardiva e le circostanze che l’accompagnano non si oppongano a tale presa in considerazione.

Sentenza completa

4 settembre 2017 –EUIPO – pacchetto di riforma dei marchi dell’UE – Pronti per il 1° ottobre?

4 settembre 2017 –EUIPO – pacchetto di riforma dei marchi dell’UE - Pronti per il 1° ottobre?

Il requisito della rappresentazione grafica non si applicherà più quando si presenta una domanda di marchio dell’UE dal 1° ottobre 2017: ciò che si vede è ciò che si ha!

Nessuna descrizione è necessaria per depositare qualsiasi tipo di marchio, piuttosto formati elettronici sono richiesti per la rappresentazione dei marchi, come jpeg per marchi figurativi, di posizione, di colore ed ologrammi, così come mp3 per marchi sonori e mp4 per marchi di movimento (video) ed ologrammi.

Inoltre, i marchi di certificazione saranno accettati, ovvero marchi che siano idonei a distinguere prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, da prodotti e servizi non certificati.

I marchi di certificazione indicheranno che i prodotti/servizi recanti il marchio sono conformi alle prescrizioni normative predefinite nei regolamenti d’uso e controllate sotto la responsabilità del titolare del marchio di certificazione. A tale scopo, il titolare deve depositare i regolamenti d’uso del marchio di certificazione contenenti le caratteristiche dei prodotti/servizi da certificare, le condizioni che disciplinano l’uso del marchio di certificazione, ed i criteri di prova e supervisione che devono essere applicati dal titolare del marchio di certificazione.

Un marchio di certificazione non può essere posseduto da una persona che svolge un’attività riguardante la fornitura di prodotti/servizi del tipo certificato: il titolare non può nemmeno utilizzare il marchio per i prodotti/servizi certificati coperti. – v. informazioni dell’EUIPO

4 luglio 2017 – Domanda di marchio dell’UE rivendicato come “marchio di posizione” apposto sul fianco di un pneumatico – Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 81/16

4 luglio 2017 – Domanda di marchio dell’UE rivendicato come “marchio di posizione” apposto sul fianco di un pneumatico - Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Tribunale), causa T 81/16

La sentenza riguarda un ricorso contro una decisione della Commissione di Ricorso dell’EUIPO che ha respinto un appello contro la decisione dell’esaminatore di rigettare la domanda di registrazione di un marchio, in quanto il marchio richiesto era privo di qualsiasi carattere distintivo per i prodotti indicati. Segnatamente, nella domanda di registrazione, il marchio in questione è descritto come “coppia di strisce arcuate a sviluppo circonferenziale sostanzialmente uguali poste sul fianco dello pneumatico. Si tratta di un marchio di posizionamento”, ed i prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione corrispondono alla seguente descrizione: “Pneumatici, gomme, cerchiature e coperture piene, semipneumatiche e pneumatiche per ruote di veicoli” (classe 12 ).
La ricorrente ha presentato nuove prove per la prima volta dinanzi al Tribunale, sia dopo il deposito del ricorso che durante l’udienza, che erano dirette a dimostrare, in sostanza, il carattere distintivo del marchio richiesto. Il Tribunale ha confermato che “fatti non invocati dalle parti dinanzi agli organi giurisdizionali dell’EUIPO non possono essere invocati nella fase del ricorso dinanzi al Tribunale e che il Tribunale non può riesaminare le circostanze fattuali alla luce delle prove presentate per la prima volta presso quest’ultimo. Infatti, la legittimità di una decisione di una Commissione di Ricorso dell’EUIPO deve essere valutata alla luce delle informazioni disposizione di questa quando ha adottato tale decisione”. Di conseguenza, tali prove sono state dichiarate inammissibili dal Tribunale.

Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che, “sebbene la ricorrente abbia richiesto la protezione di prodotti supplementari, segnatamente cerchiature e coperture per ruote di veicoli, il segno per cui è richiesta la registrazione è necessariamente limitato ai pneumatici, essendo apposto su questi, e non su altri prodotti. Questa è una conseguenza diretta della natura del marchio richiesto, segnatamente un “segno di posizione” poste sul fianco di un pneumatico”.

Ulteriormente, il Tribunale ha ribadito che, sebbene sia sufficiente un grado minimo di carattere distintivo, a patto che “il marchio consenta al pubblico interessato di identificare l’origine dei prodotti o servizi che esso copre e di distinguerli da quelli di altre imprese”, “tuttavia, un segno che sia eccessivamente semplice e sia costituito da una figura geometrica elementare, come un cerchio, una linea, un rettangolo od un pentagono convenzionale, non è di per sé in grado di trasmettere un messaggio che i consumatori possano ricordare, con il risultato che non lo considereranno un marchio a meno che non abbia acquisito carattere distintivo attraverso l’uso”.
Nel caso specifico, “i prodotti in questione sono rivolti sia al pubblico in generale che ad un pubblico professionale”, ed “il livello di attenzione non può essere considerato particolarmente elevato”. “In ogni caso, la questione se il pubblico rilevante sia caratterizzato da un livello di attenzione alto o particolarmente alto è irrilevante. Tenuto conto degli elementi che compongono il marchio richiesto, che sono caratterizzati da un’estrema semplicità, il marchio non trasmette alcun messaggio relativo all’origine commerciale dei prodotti coperti, indipendentemente dal livello di attenzione del pubblico interessato”.
Infatti, il Tribunale ha avallato la decisione impugnata che stabilisce che il marchio richiesto “è estremamente semplice e non mostra alcuna caratteristica particolare od un aspetto facilmente ed immediatamente percepito dal pubblico interessato come indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione. Di conseguenza, i consumatori percepiranno il segno contestato come un mero elemento decorativo apposto sulla parete laterale degli pneumatici o su qualsiasi altro prodotto oggetto della domanda di registrazione”. Ulteriormente, “affinché un marchio sia registrato non è sufficiente che esso sia originale, esso deve anche differenziarsi sostanzialmente dalle forme elementari dei prodotti in questione, comunemente utilizzate nel commercio, e non deve apparire come una semplice variante di quelle forme”.

Quanto al carattere distintivo acquisito attraverso l’uso, il Tribunale ha confermato che “è necessario che almeno una parte significativa del pubblico interessato, in virtù di tale marchio, identifichi i prodotti o i servizi in questione come originari di una particolare impresa. Tuttavia, le circostanze in cui tale requisito di acquisizione del carattere distintivo attraverso l’uso può essere considerato come soddisfatto non possono essere stabilite unicamente con riferimento a dati generali ed astratti come percentuali predeterminate”. A questo proposito, “la ricorrente si limita a dichiarare di aver fornito dal 2011, in esclusiva, pneumatici per le squadre del Campionato di Formula 1 e che, pertanto, il marchio richiesto gode di un’ampia copertura televisiva, e pertanto è stato visto da milioni di spettatori in tutto il mondo”. Tuttavia, non è sufficiente, al fine di riconoscere un carattere distintivo acquisito attraverso l’uso, “che un marchio sia stato visto da molti. È anche necessario che tali persone siano in grado di attribuire a tale marchio una funzione distintiva. Nessuna delle prove presentate fornisce informazioni relative al modo in cui il pubblico interessato comprende il marchio”. Pertanto, “nessuna delle prove presentate consente di dimostrare che le persone interessate o, almeno, una parte significativa di queste, identifichino, grazie al marchio richiesto, i prodotti coperti da esso. Le prove presentate permettono solo di dimostrare che il segno per cui è stata richiesta la registrazione è stato utilizzato dalla ricorrente su tali prodotti. Tuttavia, essi non consentono di dimostrare che il segno sarà percepito dal pubblico interessato come una indicazione di origine commerciale dei prodotti oggetto del marchio richiesto”, e nessun carattere distintivo acquisito attraverso l’uso, al momento in cui è stata depositata la domanda di marchio, è stato riconosciuto dal Tribunale. – Sentenza completa

20 giugno 2017 – Marchio dell’UE

20 giugno 2017 – Marchio dell’UE

Il Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione Europea, che codifica il Regolamento del Consiglio (CE) 207/2009, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. il Regolamento (UE) 2017/1001 abroga il Regolamento (CE) 207/2009, e si applicherà dal 1 ottobre 2017. Articolo 31: prossimi atti di esecuzione prevedranno la rappresentazione elettronica dei marchi. Articoli 83-93 riguardano le specifiche norme sui marchi di certificazione dell’UE.